lunedì 11 maggio 2020



L’UOMO DEI SOGNI





Immaginate di essere un contadino dell’Iowa che se ne va avanti e indietro tra le pannocchie del proprio campo di granoturco.

Ad un certo punto qualcosa interrompe la vostra camminata e vi fa sussultare. Avete sentito un suono molto strano. Un suono che assomigliava tanto ad una voce. E non avete neanche capito da dove provenisse. Da dentro la vostra testa? No. Sembrava provenire da tutto intorno a voi, forse dal cielo, o dal mais. Ma forse è stata solo una specie di allucinazione sonora, chissà.

Ma poi lo sentite di nuovo: “Se lo costruisci, lui tornerà”.

CHI PARLA??!!! COSA bisogna costruire??? CHI tornerà???

Ecco, questo non è l’inizio di un horror, anche se potrebbe esserlo perché ne ha tutti i crismi, e l’elemento soprannaturale in effetti è presente, ma di un bellissimo film legato allo sport, al baseball in particolare.

È l’inizio de L’Uomo dei Sogni (titolo originale Field of Dreams, molto più evocativo della nostra traduzione italiana), pellicola del 1989 scritta e diretta da Phil Alden Robinson e basata sul libro Shoeless Joe di W. P. Kinsella.

Un film legato al baseball, si diceva. E lo è per diversi motivi.

Innanzitutto perché Ray Kinsella, il protagonista di questa storia ambientata negli anni ‘80, è un grande appassionato di questo gioco, come lo era suo padre John, di cui ci viene raccontata per sommi capi la vita subito dopo i titoli di testa, attraverso la voce fuori campo dello stesso Ray.

E poi perché l’intera trama del film ruota attorno ad uno degli avvenimenti più segnanti della Major League: la squalifica a vita di 8 giocatori dei Chicago White Sox, nel 1919, accusati di aver deliberatamente perso il campionato per via di un giro di scommesse mai del tutto chiarito che rovinò le loro carriere; questa vicenda passò alla storia col nome di “Scandalo dei Black Sox”, definizione che alludeva alla perdita del candore dei calzettoni che davano il nome ai White Sox, che da bianchi divennero neri a causa della corruzione di quei giocatori. Da qui, tra l’altro, cominciò anche quella che venne soprannominata “La Maledizione dei Black Sox”, perché dopo i fatti del 1919 la squadra di Chicago impiegò ben 40 anni per tornare a giocare le World Series (che sono le finali che decretano la squadra campione della Major League) e addirittura 88 per vincerle di nuovo.

Ma Ray Kinsella cosa c’entra con tutto questo?

C’entra eccome, dal momento che la voce che ha sentito nel granoturco era quella di Shoeless Joe Jackson, il più talentuoso degli otto squalificati, morto nel 1951, e perché ciò che dovrà costruire, peraltro sul suo campo di pannocchie, sarà un meraviglioso campo da baseball, il cui prato verrà calcato proprio dal redivivo Shoeless Joe e dagli altri sette giocatori che dovettero abbandonare mazze e guantoni per sempre, dopo la loro definitiva estromissione dal mondo del baseball professionistico.

Sull’identità di CHI sarà a fare ritorno secondo “la voce del granoturco”, oltre a Shoeless e agli altri, invece soprassiedo, vi ho già spoilerato fin troppo, anche se penso che quasi nessuno di voi che leggete si sia perso L’Uomo dei Sogni.

Un film ben diretto da Robinson e con un cast davvero stellare, in cui spiccano un grandissimo Ray Liotta nel ruolo di Shoeless Joe e Kevin Costner nel ruolo di Ray Kinsella, un ottimo Kevin Costner, ben lontano dalle recenti disgrazie cinematografiche, che veniva da successi come Silverado e Gli Intoccabili e che di lì ad un anno avrebbe poi diretto e interpretato quel capolavoro che è Balla coi Lupi.

L’Uomo dei Sogni è una storia di sport e di fantasmi, che fa percepire con chiarezza quale enorme valore storico e sociale rappresenti il baseball nella cultura americana, ma al contempo è anche un film poetico e profondo, che proprio attraverso il baseball riesce a toccare ben altre corde, quelle legate alle occasioni che abbiamo perso della nostra vita e al desiderio recondito che ognuno di noi porta nel cuore: quello di poterle rivivere, quelle occasioni, e di poterle finalmente cogliere come non siamo riusciti a fare nel passato.

Ray, in un commovente finale, ci riesce, dopo aver assecondato il suo istinto, distruggendo il proprio campo di mais e mettendo così a rischio la propria sopravvivenza economica solo per inseguire una voce che aveva in testa e che solo lui sentiva.

Ma forse, solo una volta ogni tanto, seguire le voci che abbiamo in testa non fa poi così male. Forse è davvero uno dei pochi modi che abbiamo a disposizione per realizzare i nostri sogni.


Roborio



Shoeless Joe e Ray Kinsella sul “Campo dei Sogni”




Shoeless Joe e il Baseball


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