EL TRINCHE - TOMAS FELIPE CARLOVICH
Quando
penso a cosa sia il calcio, mi vengono in mente: le giocate, il talento, i
colpi che i predestinati hanno anche a 80 anni.
Il
calcio è la ricerca del “numero”, che viene raccontato dagli spettatori, quando
lasciano i gradoni dello stadio. È il gesto che i bambini cercano di imitare
nei campetti di periferia o ai giardini. Il calcio è divertimento a prescindere
dal risultato, è trascorrere tanto tempo con gli amici.
Tomas
Felipe Carlovich (con l’accento con sulla i) detto “El Trinche” è la sintesi di
tutto ciò.
Nato
il 20 aprile 1946, è il settimo figlio di Mario Carlovich, emigrante che arrivò in
Argentina negli anni ’30, dalla Jugoslavia e si insediò a Rosario, nel
quartiere Belgrano.
Nonostante
El Trinche abbia due presenze in Primera Division e abbia trascorso gran parte
della sua carriera in Primera B Nacional, ha conquistato il favore di tanti
suoi colleghi e giornalisti.
Si
racconta che, durante Central Cordoba-Talleres de Remedio de Escalada, un
tifoso attaccato alla rete di bordo campo, avesse urlato a El Trinche di fare
un “tunnel andata e ritorno” a un avversario: detto, fatto ed entusiasmo alle stelle sugli
spalti.
Fu
il primo di una lunga serie, tanto che lui stesso raccontò che i presidenti gli
garantirono un bonus economico a tunnel, che diventava doppio in caso di “andata-ritorno”.
Aveva
il baricentro alto, fatto che non gli impediva giocate di fino o lanci millimetrici
di 30/40 metri; un mago, come abbiamo visto, del tunnel ma anche del sombrero e
di ogni tipo di giocata di tecnica pura.
Era
un mediano alto, un 5 classico, dicono un misto tra Redondo e Riquelme (per
citarne due), con un sinistro delicatissimo. Gran dribblatore ma lento; come amava
dire: “Quella che deve correre è la palla…”.
L’episodio
che fece diventare famoso El Trinche, anche fuori dal perimetro di Rosario,
avvenne nel 1974. La Seleccion bianco-celeste decise di organizzare l’ultima
amichevole in vista del Mondiale tedesco, sfidando una selezione di giocatori
di Rosario.
Cinque del Newell’s Old Boys, cinque del Rosario Central ed El Trinche.
Tra loro: Mario Kempes, Mario Zanabria, Daniel Killer, che faranno parlare di loro in futuro.
Nessuno
dei nazionali conosceva Carlovich, a differenza dei 35.000 sugli spalti. El Trinche
mise in mostra tutto il suo repertorio tanto che, all’intervallo, i “rosarini”
erano in vantaggio 3-0.
Raccontano che a fine primo tempo, Vladislao Cap, detto
El Polaco, selezionatore della nazionale, sia andato dal suo omologo a
chiedere di sostituire “il 5” che stava facendo a pezzi i suoi.
L’anno
dopo, Carlovich, ricevette la sua unica convocazione in nazionale, dal CT Luis
Cesar Menotti; ma non arrivò mai a Buenos Aires.
Pare
che, partito da Rosario diretto verso la capitale, abbia fatto sosta in una località
nella quale era presente un lago: si è messo a pescare e si è fatto tardi…
La
sua carriera non ha raggiunto i livelli che meritava perché, come lui stesso ha
dichiarato, non gli è mai piaciuto stare troppo lontano dalla sua città, dal suo
quartiere, dai suoi amici e dal bar che frequentava.
Non
era una testa calda, né si lasciava andare ad eccessi, semplicemente giocava per divertimento; il calcio era un gioco ed il suo modo di essere difficilmente
avrebbe sopportato il rigore fisico e “l’esilio” richiesto dal professionismo: “Non
avevo ambizioni, se non quella di giocare a palla”.
Ogni
tanto, durante la partita, è successo che si sedesse sul pallone ma, come
spiegò in seguito, non era un gesto irrispettoso, semplicemente era stanco…
La
sua occasione migliore fu quando il Rosario Central lo notò nei tornei
provinciali, lo tesserò ma non esordì mai in Primera.
Le uniche due presenze nella
massima divisione le fece con il Colon Santa Fe.
Le
squadre che dice di aver amato sono il Central Cordoba di Rosario e l’Indipendente
Rivadavia di Mendoza, che indica anche come i migliori anni della sua
carriera.
Amore
sempre ricambiato visto che, durante un'intervista, narrò che a Mendoza andò al ristorante con la moglie e giunto all’atto di pagare, gli venne detto che tutto
era già stato saldato da un anonimo tifoso.
Per
Josè Pekerman era “il giocatore più forte che abbia visto”; stravedevano per
lui Luis Cesar Menotti ed il concittadino “Loco” Bielsa, che gli ha spedito il
suo libro nel quale ha dedicato a El Trinche quattro pagine.
Nella stagione giocata con la maglia del Newell’s Old Boys di Rosario, un giornalista si rivolse a Diego Armando Maradona ringraziandolo perché era il miglior giocatore della storia della città; Maradona rispose: “Il miglior giocatore ha già giocato a Rosario, il suo nome è Carlovich”.
El
Trinche, soprannome che pare gli sia stato affibbiato quando era piccolo, ma
del quale non conosceva il reale significato, era persona semplice nel vestirsi
e nella quotidianità in generale.
Ha
trascorso la sua vita a Rosario, e lì era mercoledì scorso, in sella alla sua
bici. Affiancato da un delinquente che voleva rubargliela, è stato spinto a
terra e ha battuto il capo.
Dopo
due giorni di coma, venerdì 8 maggio, è volato in cielo a fare tunnel e sombreri
agli Angeli.
L’ultimo saluto si è tenuto al
Gabino Sosa, stadio del “suo” Central Cordoba, con centinaia di persone sugli spalti
che, nonostante le restrizioni dovute al Covid19, non hanno voluto mancare.
Che la terra ti sia lieve, El
Trinche e salutami gli Invincibili!
Panino
Bel ritratto di un "insolito" Campione!
RispondiEliminaGrazie mille, sono contento abbia apprezzato l'articolo.
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