lunedì 29 giugno 2020




I 60 METRI PIÙ BELLI DEL CALCIO





Dello sport, nel nostro cuore, rimangono soprattutto i momenti migliori. E ogni tanto quei momenti restano lì, per sempre.

Non sono necessariamente legati ad un grande trionfo, anche se la vittoria, di solito, serve ad imprimerli a fuoco nella nostra memoria.

Ad esempio il colpo di testa di Pulici contro il Cesena, in tuffo, a non più di due spanne da terra, che il 16 maggio del ’76 consegnò lo scudetto al Toro all’ultima giornata di campionato.

Indimenticabile. Anche per chi non c’era.

E non sempre quei momenti sono strettamente “nostri”, ovvero vissuti attraverso la nostra squadra del cuore o il nostro idolo, di qualsiasi sport si tratti, perché certe imprese e certi gesti vanno al di là del tifo.

Così, restando nel mondo del calcio, non scorderemo mai l’incredibile gol di Van Basten contro l’URSS, al volo, da una posizione che quasi oltrepassa le umane possibilità, nella finale degli Europei del 1988, che assieme alla rete di Gullit permise all’Olanda di sollevare al cielo la Coppa Continentale.

Per non parlare del gol di Maradona contro l’Inghilterra, nei quarti di finale dei Mondiali dell’86, quando Diego partì palla al piede qualche metro prima della linea di centrocampo, scartò metà della squadra avversaria e depositò la sfera in porta dopo una cavalcata di 60 metri, uno slalom inarrestabile che per bellezza intrinseca, difficoltà tecnica ed importanza del match viene giustamente considerato uno dei gol più belli mai segnati.

Questi sono i momenti migliori.

Restano scolpiti nella nostra memoria e non se ne vanno mai più.

Talvolta però, raramente, quei momenti sono del tutto slegati da un mirabile gesto atletico.

Talvolta l’eleganza, la coordinazione, la tecnica e la bellezza non c’entrano per niente.

Anzi.

E così può succedere che nella testa di tutti coloro che hanno seguito il calcio negli ultimi 30 anni spicchi un ricordo meraviglioso, tra i tanti: la maldestra corsa di un sessantaquattrenne imprecante, carico di furia irrefrenabile, verso la curva avversaria, a fine partita, in un sentitissimo derby di 20 anni fa.

Ma andiamo con ordine.

Siamo a fine settembre 2001, è domenica, e si gioca la quinta giornata del campionato di Serie A.

Tra le tante partite spicca un derby, che non è propriamente un derby, ma è forse il più sentito dei derby.

Brescia-Atalanta.

Le due città, Brescia e Bergamo, distano circa 50 km l’una dall’altra, quindi la partita non è una vera stracittadina. Ma la rivalità tra le due società, anzi, tra le due città, pare affondi le proprie radici addirittura nel Medioevo, ai tempi di Federico Barbarossa, tra sgarbi commerciali e battaglie; un’inimicizia atavica poi traslata nel calcio e rinvigorita soprattutto nel 1993, dopo un match vinto 2-0 dal Brescia che terminò con uno spettacolo davvero poco edificante dentro e fuori lo stadio, con 5 arresti e 20 ricoverati in ospedale.

Insomma, Brescia e Atalanta non si stanno simpatiche, da sempre.

E stiamo parlando di due belle squadre, perché in quel 2001 Brescia e Atalanta sono compagini di tutto rispetto.

L’Atalanta è quella di Cristiano Doni, uno dei trequartisti più forti che si siano visti in Italia negli ultimi 20 anni, con Taibi tra i pali e gente coriacea a difendere la baracca, tra i quali Zauri, Carrera e Luigi Sala.

Il Brescia, semplicemente, è quello di Roberto Baggio, che lì aveva appena cominciato a scrivere le ultime meravigliose pagine della sua straordinaria carriera di fuoriclasse assoluto. E con lui ci sono anche gli infaticabili gemelli Filippini, l’ottimo Federico Giunti, regista di qualità, e Igli Tare ad affiancarlo in attacco.

Ma soprattutto è il Brescia di Carletto Mazzone.

Nato nel ’37, “Sor Carletto de Roma” ha allenato ovunque in Italia, a Firenze, Bologna, Roma, Cagliari, Ascoli, Catanzaro, Perugia, Lecce, Livorno e Brescia, quasi sempre in massima divisione, e l’anno scorso è stato finalmente inserito nella Hall of Fame del Calcio Italiano, con le sue 797 panchine ufficiali in Serie A, record di tutti i tempi.

Ma il vero record Carletto lo deve alla sua sportività, alla sua schiettezza e alla sua contagiosa simpatia, doti sempre più rare in un uomo di sport, ed è quello di essere con ogni probabilità uno degli allenatori più amati di sempre.

Ma torniamo al nostro derby del 2001.

Come si diceva, Carletto siede sulla panchina delle Rondinelle bresciane. E la partita comincia bene per i suoi: Baggio va in gol al 25’ con un bel tocco al volo. 1-0.

La gioia però dura solo 3 minuti, perché improvvisamente la luce si spegne: in poco più di un quarto d’ora l’Atalanta ne fa tre!!! Prima Sala, poi uno splendido bolide da fuori area di Doni e infine Comandini di testa. Partita completamente ribaltata.

Il Brescia è a terra.

E Mazzone lo è ancora di più, perché come se non bastassero le tre legnate appena incassate, per lui inizia una partita nella partita, quella coi tifosi bergamaschi, che cominciano a ricoprirlo di improperi di ogni genere, bersagliando anche la sua famiglia.

Fine primo tempo. Si va negli spogliatoi. Mazzone è visibilmente abbattuto, contrariato e coi nervi a fior di pelle. E quando si torna in campo va ancora peggio, perché gli insulti ricominciano e vanno avanti con maggior vigore di prima.

Sor Carletto non la prende bene. Il suo carattere sanguigno non gli permette di incassare oltre, e così comincia una magnifica guerra verbale che di lì a poco sfocerà in un capolavoro ineguagliabile.

E intanto il Brescia rialza la testa, perché al 30’ della ripresa Baggio riceve palla in area da Tare, la protegge…e in un amen si gira, elude il marcatore e insacca con un preciso diagonale, 2-3!

Mazzone, rivolto verso la curva degli orobici, comincia a prodursi in un delicato mantra: “Mo’ se pareggiamo vengo sotto ‘a curva, li mortacci vostra!!! Se famo er tre pari vengo lì sotto, li mortacci vostra!!!”.

A tempo ormai scaduto, quando forse neanche Carletto ci credeva più, ovviamente succede l’imponderabile.

Punizione dal limite dell’area per il Brescia, in posizione defilata sulla sinistra guardando la porta atalantina. Baggio va sulla sfera e calcia. Leggera deviazione di un avversario e palla in rete. 3-3!!!! Tutti corrono ad abbracciare il loro capitano, il Dio del Calcio che si era prodotto nell’ennesimo miracolo balistico!

Che finale di partita!!! I tifosi bresciani sono in delirio!!!

Ma in realtà non tutti stanno guardando i giocatori che si abbracciano di gioia…moltissimi occhi sono distratti da qualcos’altro…

Da un uomo di una certa età che è partito dalla sua panchina e sta correndo come un pazzo verso la curva bergamasca. I suoi vorrebbero fermarlo, ci provano addirittura in tre, ma nessuno ci riesce.

Quel bolide umano è inarrestabile. Forse un po’ sgraziato per colpa degli anni, decisamente comico, ma inarrestabile.

D'altronde l’aveva promesso, “Se famo er tre pari vengo lì sotto!!!”.

E Carletto mantiene sempre le sue promesse.

Qualche anno dopo, in un intervista ai protagonisti di quella sfida, Igli Tare disse che in 5 anni al Brescia non aveva mai visto Mazzone fare neanche uno scatto, e Antonio Filippini rilanciò affermando che a suo avviso erano almeno 30 anni che Sor Carletto non faceva una corsa.

Da una panchina fino alla curva nella metà campo opposta. 60 metri circa. I 60 metri più belli della mia vita di appassionato di calcio, persino migliori di quelli dell'inarrivabile gol di Maradona ai Mondiali dell’86.

Sor Carletto Mazzone, un uomo semplice, genuino e intelligente, pieno di quella spontaneità e di quell’autoironia che tanto mancano agli allenatori di oggi, sempre occupatissimi a prendersi troppo sul serio.

Uno degli ultimi eroi romantici del calcio, di quelli che non riusciamo neanche più ad immaginarci chiaramente, perché è passato troppo tempo dalla loro estinzione.

L’unico mio grande rammarico è quello di non aver mai visto quest’uomo meraviglioso seduto sulla panchina del Toro, raro fulgido esemplare di Alzatore di Sedie.

Ciao Carletto, grazie di esistere!


Roborio



Mazzone sotto la curva dell’Atalanta








2 commenti:

  1. Carlo Mazzone...bei ricordi di un calcio che non esiste più.
    Un grande allenatore e conoscitore di calcio e di uomini.
    Nel calcio di oggi se si dovesse chiedere ad un ventenne di dare una definizione del personaggio Mazzone dopo averne letto la carriera ti direbbe senza esitazione che non è stato un vincente ma solo una "macchietta"...Forse ho una visone pessimistica della cultura calcistisca dei giovani odierni fruitori di calcio ma non credo di discostarmi troppo dalla realtà.
    E pensare che l'episodio descritto nell'articolo non è che di vent'anni fa ma sembra una altra era.
    Di quegli anni e degli anni precedenti in realtà si potrebbe fare un elenco corposo di allenatori gentiluomini.
    Mazzone era uno di questi, magari con un linguaggio dialettale ma non per questo meno di cultura di altri e certamente più genuino.
    Mi piace ricordare altri allenatori che trovavo in linea con il ruolo di allenatori "pane e salame", Giagnoni, Bersellini, Bianchi, Bagnoli (che rimpianti l'anno dello scudetto del Verona!)...
    Oggi, dicevo, si sono persi quasi completamente questi personaggi che a loro modo sono stati dei vincenti, non solo nel modo di essere ma anche, e non in pochi casi, dei vincenti a livello di titoli.
    Oggi se "vanti" zero tituli sei un perdente...L'unico che mi sembra poter conciliare le due figure di vincente e genuino è Klopp (a mio modesto parere).
    Vi leggo sempre con piacere, un caro saluto a Roborio e Panino!
    Old Team (l'originale!).

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  2. Concordo su tutto, caro Old Team.:)
    Purtroppo l'obiettivo è fare in modo che il tifoso si focalizzi su determinati personaggi, che spesso sono costruiti, in tutto: dalla pettinatura alle dichiarazioni, dal fisico ai comportamenti dentro e fuori dal campo.
    Creano degli idoli che spesso hanno poco o nulla da trasmettere o comunicare. Sono, quasi tutti, degli accumulatori di denaro, asettici e distaccati.
    Fai bene a citare Klopp che, infatti, fino a due anni fa veniva definito "un perdente" da più di uno dei nostri finti esperti (in particolare un noto commentatore di una TV satellitare...).
    All'elenco di allenatori da te scritto, aggiungo Giacomini oltre al nostro Alzatore di Sedie Emiliano.:)
    Ma io ricordo con piacere i vari Marchioro, De Sisti, Salvemini, Marchesi, persone educate e umili.
    Ricordo una puntata di "Mai dire Gol" nella quale compariva il grande Ezio Vendrame che, ospite in una tv locale padovana, descriveva in modo colorito ma perfetto, gli allenatori "moderni".:)
    Un abbraccio!

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