lunedì 15 giugno 2020




IL DIAMANTE SCHEGGIATO




Federer, Nadal e Djokovic.

Penso che ne abbiate sentito parlare.

I tre tennisti più forti di tutti i tempi? Forse, anche se mettersi alla ricerca del GOAT (Great of All Times) è un esercizio spirituale poco consigliato e alquanto sterile.

Sicuramente sono TRA I PIÙ FORTI di tutti i tempi, questo senza alcun dubbio.

E con altrettanta sicurezza possiamo affermare che sono i più spaventosamente forti della loro generazione.

Tralasciando tornei minori come gli ATP 250 e 500, i tre mostri in questione hanno per ora prevalso in 96 Master 1000 degli ultimi 144 disputati e soprattutto in 56 Slam degli ultimi 69.

Insomma, decisamente bravini.

Hanno tutti iniziato a vincere roba importante molto giovani? Sì, lo hanno fatto.

Per restare agli Slam, Federer a 22 anni da compiere vinse il suo primo Wimbledon, Djokovic a 21 il suo primo Open d’Australia e Nadal, a soli 20 anni, aveva già messo in cassaforte due dei suoi dodici Roland Garros.

Certo, c’è anche stata gente più precoce, come Boris Becker, che nel 1985, a 17 anni, trionfò a Wimbledon, diventando così il più giovane vincitore nella storia del più prestigioso torneo di tennis al mondo. Ma alla fine dei conti, Boris, di Slam, ne ha portati a casa “solo” sei.

Robetta, in confronto a quei tre.

Fenomeni assoluti. Forse extraterrestri. Probabilmente semidei.

Nessun essere umano è mai stato e mai sarà come loro.

Sicuro.

A meno che voi non siate a conoscenza dell’esistenza di una certa ragazzina jugoslava che ha giocato a tennis negli anni ’90, che forse vi farebbe cambiare opinione, o quantomeno ve la farebbe cambiare in parte.

Monica Seles, nata il 2 dicembre del 1973 a Novi Sad, sulle rive del Danubio.

Nel 1990 vinse il suo primo Slam, a Parigi. Aveva 16 anni.

Tre anni dopo, nel gennaio del ‘93, vinse per la terza volta l’Australian Open.

Era il suo OTTAVO Slam.

No, non ho sbagliato a scrivere. A 19 anni appena compiuti Monica vinceva il suo terzo Open d’Australia consecutivo, tornei che sommati ai tre Roland Garros del ’90, ’91 e ‘92 e ai due US Open del ’91 e ’92 portavano il totale degli Slam di questo prodigio tennistico a OTTO.

A 19 anni.

Stavolta possiamo dirlo sul serio: come lei, nessuno mai, né prima, né dopo.

E tutto questo nell’era di Steffi Graf, una delle più grandi tenniste di sempre, detentrice di 22 Slam, terza in assoluto come numero di Major vinti solo dietro a Serena Williams, che per ora ne ha ottenuti 23, e a Margaret Smith Court, che tra il 1960  e il ’73 ne vinse 24; quella Steffi Graf che a fine anni ’80 stava vincendo tutto il possibile, sbaragliando ogni avversaria e riuscendo addirittura, nell’88, a portare a compimento l’impresa agognata da ogni tennista e quasi mai realizzata nella storia di questo sport: quella di conquistare il Grande Slam, ovvero vincere i 4 tornei più importanti del circuito internazionale nella stessa stagione.

Insomma, la Graf, nel momento in cui Monica Seles cominciò ad imporsi all’attenzione del mondo, era indiscutibilmente la regina del tennis, numero 1 della classifica WTA e praticamente invincibile.

Ma in quel momento la regina, dall’alto del suo trono inespugnabile, nel pieno del suo splendore tennistico, vide una piccola cometa piena di energia e di sfrontatezza dirigersi a tutta velocità nella sua direzione, e cominciò a spaventarsi. E poco tempo dopo, sotto i colpi furiosi di quella ragazzina sorta dal nulla, cominciò anche a perdere.

La prima volta accadde a Berlino, nel ’90, sulla terra rossa del German Open. Finì 6-4 6-3 per la Seles.

E poche settimane dopo successe di nuovo: Monica sconfisse ancora la Graff, stavolta su una terra rossa ben più importante, quella del Roland Garros, in finale, a 16 anni e 6 mesi, diventando così la più giovane vincitrice degli Internazionali di Francia.

Era appena sorta una nuova divinità del tennis dalla forza dirompente, colma di talento e di pura ferocia agonistica, arrivata giovanissima ai picchi più vertiginosi di questo sport anche grazie al suo inesauribile spirito di sacrificio e alla sua immensa voglia di vincere.

L’anno successivo la piccola stella nascente inaugurò la stagione con la vittoria agli Australian Open, e poi si confermò immediatamente negli importanti tornei di Miami e Houston.

Nel giro di qualche mese l’assalto al trono del tennis venne portato a compimento: la vecchia regina, dopo quasi quattro anni di regno, dovette abdicare.

L’11 marzo del 1991 Monica Seles era la nuova numero 1 del mondo.

Fra il gennaio del ’91 e il febbraio del ’93 vinse 22 titoli WTA, raggiungendo 33 finali su 34 tornei disputati.

Sollevò al cielo nove trofei nel ‘90, dieci nel ’91 e altri dieci nel ’92.

Quindi il 1993. Che iniziò alla grande, quando a gennaio, poche settimane dopo il suo diciannovesimo compleanno, vinse quel suo ottavo Slam con cui spero di avervi sbalordito qualche riga fa, peraltro di nuovo contro la Graf, per cui Monica stava certamente cominciando a diventare la personificazione di un incubo.

Un mese dopo ottenne un altro titolo, a Chicago, contro una magnifica Navratilova ormai a fine carriera.

E poi venne il 30 aprile.

Siamo al torneo di Amburgo. Quarti di finale.

Sono le 18:50. Monica conduce 6-4 4-3 su Magdalena Maleeva.

Si cambia campo e Monica si siede sulla sua panchina.

In quel momento, approfittando della disattenzione del servizio di sicurezza, un uomo le si avvicina.

Nessuno si accorge che quell’individuo impugna un coltello da cucina, tantomeno Monica, girata di schiena.

Tutto dura poco più del tempo di un battito di ciglia: la lama penetra per un centimetro e mezzo nella schiena della Seles, che fortunatamente si era piegata in avanti per asciugarsi il sudore. Non l’avesse fatto, forse sarei qui a raccontarvi un’altra storia.

Monica non capisce cosa sia successo, si alza in piedi in preda al dolore, si tocca la schiena all’altezza della spalla sinistra. Poi, sotto shock, si accascia a terra.

Nel frattempo Gunther Parche, questo il nome dello squilibrato, viene disarmato e bloccato a terra dagli spettatori sugli spalti.

L’uomo, un trentottenne originario dell’ex Germania Orientale, voleva vedere il suo idolo Steffi Graf tornare di nuovo sul tetto del mondo, e ha pensato bene di darle una mano uccidendo la sua giovane invincibile rivale.

E qui devo ammettere i miei limiti, perché non possiedo un vocabolario sufficientemente esteso per definire questo gesto. E vi sta parlando uno sfegatato tifoso di Nadal, che in certi frangenti, durante alcuni tornei visti dal vivo, per un attimo ha anche pensato di entrare in campo legato ad una testata nucleare per andare ad abbracciare Novak Djokovic, ma che in realtà se lo incontrasse per strada, ovviamente, gli stringerebbe solo la mano, forse spingendosi addirittura a chiedergli un selfie, se non un autografo.

Posso solo dire che quel 30 aprile di 27 anni fa la vita di Monica Seles cambiò per sempre, e con essa probabilmente anche la Storia del Tennis.

In realtà la ferita che venne inferta a Monica non fu così grave. I medici si dissero certi che, seguendo le terapie indicate, la campionessa avrebbe potuto rimettersi completamente e tornare in campo nel giro di qualche mese.

Ma non andò così. Perché quella lama, prima ancora di entrarle nella schiena, le entrò nella mente.

La spalla continuava a farle male anche molto tempo dopo la sua completa guarigione.

Il contraccolpo psicologico fu enorme. Monica cadde in una profonda depressione, che la portò anche ad avere dei grossi problemi alimentari, e restò fuori causa per 28 mesi.

Tornò finalmente in campo nell’agosto del 1995, nel prestigioso Canadian Open a Toronto, e lo fece a modo suo, vincendolo.

Di lì a fine carriera vinse ancora altri 20 tornei, tra i quali un altro Open d’Australia, nel '96, il suo nono ed ultimo Slam.

Ma non era più la stessa Seles di prima dell’incidente, non riuscì mai a trasmettere di nuovo quell’aura di invincibilità, né tantomeno a tornare allo stato di forma precedente, quando grazie alla sua intensità di gioco e al suo pressing asfissiante riduceva all’impotenza ogni avversaria senza alcuna pietà.

In quegli anni difficili, come se non bastasse, suo padre Karolj, che era la sua roccia, il punto fermo della sua vita, l’uomo che per primo le mise in mano una racchetta e cominciò a credere in lei, si ammalò e morì di cancro allo stomaco all’età di 64 anni.

Infine una serie di infortuni, alcuni dei quali anche molto gravi, e l’ineluttabile ritiro.

La parabola di Monica Seles era terminata.

Io sono un appassionato di cinema almeno quanto lo sono di tennis, e vi confesso che sarebbe davvero bellissimo poter avere tra le mani la DeLorean volante del Dottor Emmett Brown per ritornare al 30 aprile del 1993, una mezz’ora prima di quelle fatidiche 18:50, per segnalare alle autorità che tra la folla c’è uno psicopatico con un coltello in mano pronto ad uccidere.

Cosa avrebbe potuto fare Monica in tutti gli anni che le sono stati portati via da quella lama? Di quali numeri staremo parlando ora? 25 Slam a fine carriera? Forse 30? Non lo sapremo mai.

Possiamo solo immaginarlo, ma io lo ritengo uno scenario molto verosimile.

Perché sono più che convinto che Monica Seles, “La Belva di Novi Sad”, nonostante il folle intervento di un pazzo grazie al quale questa mia tesi non verrà mai suffragata dalle statistiche, sia stata con ogni probabilità la più forte tennista di tutti i tempi.


Roborio




Monica al Roland Garros del 1992



Monica Seles oggi



4 commenti:

  1. Non ricordavo la storia di questa tennista. È stata veramente un'atleta eccezionale. Grazie per aver raccontato le vicende sportive e di vita di questo "diamante scheggiato" dalla follia di un uomo.

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  2. Emozionante articolo che mi ha fatto vivere scenari alternativi della realtà, purtroppo non modificabile, grazie !

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  3. Grazie a te per averlo letto e apprezzato!

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