FUGA PER LA VITTORIA
La rovesciata.
Uno dei gesti più difficili
e rari nel cacio, quantomeno quando si parla di quelle fatte bene, di quelle
vincenti.
Un sincretismo di
coordinazione, equilibrio, coraggio e propriocezione, un pensiero che trasforma
un tiro in porta in un mondo capovolto pieno di armonia e bellezza.
E quali sono le rovesciate migliori? Quali vi sono rimaste nella memoria e nel cuore?
Quella di Van Basten, contro
il Goteborg, nel 1992, in Coppa dei Campioni? Oppure, soprattutto se siete del
Toro, quella di Belotti, che l’anno scorso sancì il definitivo 3-2 contro il
Sassuolo?
Bellissime.
Ma LA rovesciata, se siete
appassionati di calcio e anche solo un briciolo di cinema, in fondo, è UNA
SOLA: quella di Edson Arantes do Nascimento, al secolo Pelé, in un magnifico
film del 1981.
Ma andiamo con ordine.
Siamo in piena Seconda
Guerra Mondiale, in un campo di prigionia di una non meglio precisata zona della
Germania nazista, dove i detenuti sono prevalentemente britannici.
Il film si apre con un tentativo
di fuga, finito malissimo, di uno dei prigionieri, e con la conseguente
indagine sull’esecuzione sommaria del malcapitato che il comitato interno degli
ufficiali britannici tenta di portare avanti.
E qui incontriamo subito i due
personaggi cardine della storia: il Capitano John Colby, un ufficiale inglese,
e il Maggiore nazista Karl Von Steiner.
I due si conoscono nel
momento in cui noi li vediamo apparire sullo schermo, cominciano a conversare e
dopo poche battute il tedesco riconosce il suo interlocutore: John Colby, prima
della guerra, giocava nel West Ham e nella nazionale di calcio inglese! E
anche Von Steiner è un grande ex giocatore, che tra l’altro fece parte della
nazionale tedesca ai Mondiali disputati in Italia, nel 1934.
Ma il calcio non è la sola
cosa che li unisce, perché in fondo, nonostante le loro
divise e i loro schieramenti li contrappongano, si stimano molto ed hanno vedute del tutto simili
su quel difficile momento storico.
Così, in una scena successiva
al loro primo incontro, i due si ritrovano davanti ad una partitella che i
prigionieri stanno giocando su un improvvisato, polverosissimo campo di calcio,
imbastito all’interno del campo di prigionia. E lì, al Maggiore Von Steiner, che
afferma “Se le nazioni potessero affrontarsi sul campo di calcio, non sarebbe
una soluzione alla guerra?”, viene in mente una folle idea: quella di organizzare una
partita tra una squadra nazionale tedesca ed una rappresentativa degli Alleati,
ovviamente non per decidere chi vincerà il conflitto bellico, ma solo per tenere alto
il morale delle truppe.
Ed è su questo avvenimento
che ruota tutta la trama del film, perché l’idea di Von Steiner comincia a
prendere sempre più corpo, fino a che il colonnello tedesco che dirige il campo
deciderà che la partita si giocherà per davvero, peraltro a Parigi, nello
Stadio Colombes, dove vennero disputati i Mondiali del ’38.
Anche il comitato interno
degli ufficiali britannici è d’accordo sul disputare il match, soprattutto
perché la cosa potrebbe rappresentare un’ottima occasione di fuga per tutti i
prigionieri che faranno parte della squadra.
Squadra che Colby comincia così
a comporre selezionando i migliori giocatori all’interno del campo di prigionia
e strappando a Von Steiner la promessa che il tedesco si impegnerà a metterlo
in condizione di giocare la partita ad armi pari, concedendo alla sua compagine
la possibilità di allenarsi con continuità e di disporre di un equipaggiamento
sportivo completo, ma soprattutto permettendogli di reclutare alcuni giocatori
professionisti detenuti in altri campi di concentramento in Germania, pescati
in una lista che lo stesso Colby provvederà a fornire a Von Steiner.
Questo, in sostanza, è il
motore narrativo di Fuga per la Vittoria,
un’ottima pellicola diretta dal grande John Huston, con due immensi attori come
Michael Caine e Max von Sydow, che interpretano rispettivamente il Capitano
Colby e il Maggiore Von Steiner, e con l’ottimo Sylvester Stallone degli anni di
Rocky, I Falchi della Notte e Rambo,
che dà il suo volto a Robert Hatch, lo “yankee” del campo di prigionia, un
soldato americano specializzato in fughe che si ritroverà a fare il portiere
nella squadra degli Alleati, senza peraltro aver mai avuto alcuna esperienza in
merito.
Ma gli interpreti degni di
nota non finiscono certo qui, perché la cosa forse più suggestiva del film è
proprio l’identità dei calciatori che compongono il team degli Alleati, che
sono in realtà dei veri calciatori professionisti, tra i più forti in assoluto dell’intero
panorama calcistico mondiale di allora.
Tra questi impossibile non menzionare
Osvaldo Ardiles, Campione del Mondo con l’Argentina nel 1978, Paul Van Himst,
uno dei più prolifici bomber della storia del calcio belga, Bobby Moore,
leggenda del calcio inglese e capitano della nazionale che sollevò la Coppa del
Mondo nel ’66, e il già citato Pelè, forse il giocatore più forte di tutti i
tempi (insieme a Maradona e Johan Cruijff).
Va sottolineato quindi che
la pellicola è davvero gradevole non solo sotto un profilo strettamente cinematografico,
ma anche dal punto di vista sportivo.
Molto apprezzabili ad
esempio i duri allenamenti cui si sottopongono gli Alleati nel campo di
prigionia, sulle note dell’esaltante colonna sonora del grande Bill Conti,
sotto la direzione del Capitano Colby; oppure le lezioni di tattica che lo
stesso Colby impartisce ai ragazzi sulla lavagna degli spogliatoi, compreso il
momento in cui Luis Fernandez (Pelé) si appropria del gessetto per spiegare a
tutti che in realtà la strategia di gioco più semplice ed efficace sarebbe
quella di passare a lui il pallone in difesa ed aspettare che lo depositi in
rete dopo aver scartato tutta la squadra avversaria.
Per non parlare dell’emozionantissima
partita giocata allo Stadio Colombes di Parigi, le cui azioni di gioco, alcune
delle quali davvero meravigliose, sono state concepite e messe in campo dallo
stesso Pelé, che per l’occasione si era prestato anche come “coreografo”
sportivo.
E poi c’è quella rovesciata.
LA rovesciata. Un gesto così elegante e leggero, nella sua difficoltà, per cui
anche un Maggiore della Germania nazista si alzerà in piedi ad applaudire.
In definitiva, se volete
guardarvi un ottimo film storico infarcito di tanta bellezza calcistica, non
potete assolutamente prescindere da Fuga
per la Vittoria, fosse anche solo per imparare a fare bene le rovesciate.
Ci sarebbe poi da aggiungere che
il film è ispirato ad una storia vera, una partita di calcio tra ufficiali
tedeschi e giocatori ucraini che venne giocata nel 1942 ed in seguito denominata La Partita della Morte.
Vi lascio immaginare come finì la vicenda.
Vi lascio immaginare come finì la vicenda.
Ma questa è un’altra storia.
Noi teniamoci ben stretto il
film.
Uno degli effetti del cinema
è proprio quello di farci vivere una realtà diversa da quella che talvolta la
vita vera ci riserva.
Quindi viva il cinema. E viva
il calcio, quello bello.
Roborio
Pelé allo stadio Colombes
La strategia di Pelé
La rovesciata
Bella recensione di un bellissimo film!
RispondiEliminaGrazie! 😊
EliminaOttimo film che sfrutta una sceneggiatura "romanzata" presa da un fatto realmente accaduto.
RispondiEliminaBen girato e che coglie il segno nel far vedere la voglia di riscatto e vittoria sull'occupazione nazista.
L'ho visto la prima volta nel cinema del mio oratorio l'anno successivo alla sua uscita (avevo 11 anni)...
Non nego che poi sui campetti la voglia di imitare il grande Pelè non mi venisse però i risultati erano miseri.
Bellissimo è anche, durante la partita, il gioco di prestigio con il pallone di Osvaldo Ardiles un grandissimo centrocampista argentino che giocò i mondiali del 1982 con un inconsueto numero 1 sulla maglietta.
Invece il mitico Sly come portiere non si può proprio vedere ma...esigenze di copione!
Saluti! Camomilla allo Skipper del Vikkiant!
Grande Davide!!!👏😀
EliminaSono d'accordo, il "numero" di Ardiles vale la rovesciata di Pelé! 👌
Grazie per la lettura e per il commento! 😊
RispondiElimina